Introduzione
Come dico sempre, il trattamento secondo il metodo PNEI della dermatite, così come per altre malattie, non è da considerarsi risolutivo in qualsiasi fase della malattia. L'approccio terapeutico in questa disciplina è una sorta di ingegneria inversa, in quanto il sintomo è considerato l'ultima fase di uno squilibrio già presente all'interno del corpo. Pertanto, una volta che il sintomo è presente, bisogna agire a seconda della gravità del problema insorto e successivamente intervenire in maniera integrativa per ristabilire l'equilibrio, con l'obiettivo di far scomparire il sintomo del tutto o almeno di prevenirne la ricomparsa, o ancora di conviverci senza far sì che progredisca al punto di non ritorno, oltre il quale non solo ci sarebbe la riacutizzazione ma anche la cronicizzazione e danni organici irreversibili. Risulta quindi essenziale il compito del terapeuta nell'educare il proprio paziente sulla realtà del suo problema e non illuderlo con false aspettative. Allo stesso tempo, è importante chiarire l'obiettivo terapeutico, in quanto dipende tutto dallo stadio in cui il paziente si trova. Tuttavia, per non perdersi in troppe chiacchiere, analizziamo insieme un caso clinico che mi si è presentato e come siamo intervenuti seguendo questa metodologia.
Il caso
Si presenta una paziente di nome Maria, di 51 anni, alta 1,70 e di corporatura leggermente sovrappeso, era evidente che aveva un corpo che tendeva a una conformazione da ritenzione idrica generalizzata, "flegmatica", come avrebbero detto i nostri antenati medici. Presentava una storia di dermatite atopica con episodi settimanali o mensili di riacutizzazioni orticanti che spesso la portavano al pronto soccorso per alleviare il bruciore e il dolore conseguente. In particolare, lamentava gonfiore, sensibilità, bruciore, formazione di macchie rosa-violacee e dolore generalizzato durante le riacutizzazioni non appena toccava con pressione qualsiasi superficie. Come da prassi, dopo aver consultato diversi dermatologi, le furono prescritte terapie antistaminiche e cortisoniche per alleviare il problema. Finché assumeva questi farmaci, i problemi si riducevano, ma non appena li interrompeva, c'era il rischio di un ritorno aggravato del problema, come tra l'altro accadeva. Dopo varie visite con vari specialisti, finalmente qualcuno, seguendo la prassi convenzionale, decise di farle iniziare dei cicli di anticorpi monoclonali come ultima spiaggia. Questo ha portato ad un miglioramento della condizione clinica, ma poi, come in precedenza, non appena il ciclo stava per terminare, le infiammazioni ritornavano, anche se in modo meno aggressivo di prima. Maria era disperata a questo punto e non sapeva cosa fare, ma la sua tenacia era forte e non riusciva a rassegnarsi all'idea di non trovare una soluzione.
La consulenza
Anamnesi e Analisi
Il giorno della nostra consulenza, le feci un esame anamnestico approfondito e le chiesi di mostrarmi tutta la sua cartella clinica per comprendere meglio il suo caso. Nonostante avesse eseguito un esame delle immunoglobuline IgE, il marcatore che certifica l'esistenza di allergie in corso, che risultava negativo, mi meravigliai che nessuno le avesse mai chiesto di eseguire un test delle allergie cutanee e alimentari per capire se vi fosse qualcosa dall'esterno con cui entrava in contatto che le causava questi problemi. Così, le suggerii di eseguirlo e sorprendentemente anche qui, non ci fu verso. Non vi era allergia o intolleranza a nulla, tranne che leggermente per il mais, una risorsa abbastanza presente nel cibo, soprattutto sotto forma di amidi.
Facendo però un'anamnesi alimentare, emerse che Maria non consumava regolarmente cibi che potessero far pensare che il mais fosse alla base del problema. A questo punto, avendo escluso tutti i fattori esterni, il problema doveva essere endogeno, nonostante tutte le analisi oggettive avessero dato esito negativo. Pensai quindi che bisognasse approfondire seguendo l'ingegneria inversa della PNEI. Avendo tamponato il problema con la medicina convenzionale e non essendoci allergie specifiche, bisognava capire se il problema fosse di natura neurormonale.
Analisi della neuropersonalità
Le feci compilare un questionario detto della neuropersonalità per capire se vi fossero squilibri neurormonali, che spesso caratterizzano il nostro biotipo e che sono alla base di probabili alterazioni immunitarie. Maria risultò in equilibrio neurormonale egregio, indicando stabilità psico-emotiva, anche se mostrò segni di apatia e indifferenza. Non avendo mostrato un profilo eccessivo in questa direzione, fummo anche qui costretti ad escludere la componente di una repressione emotiva alla base, nonostante nella maggior parte di questi casi si tratti di un problema psicosomatico.
Analisi olistica
Dopo diverse sedute, capimmo che dovevamo prendere in considerazione il problema della paziente in maniera olistica, considerando il suo quadro clinico come una serie storica di accumuli patologici. Ripartimmo quindi dal ricostruire la storia anamnestica di Maria, come si fa in medicina omeopatica. Scoprimmo subito che fin da ragazza, per motivi ereditari, aveva sempre sofferto di rosacea al viso e che spesso aveva sofferto di dismenorrea con forti dolori ovarici dovuti a un ovaio policistico diagnosticato in precedenza, che l'aveva indotta, tra le altre cose, ad eseguire un intervento di asportazione ovarica a causa di un fibroma che comprometteva la sua fertilità. Per lungo tempo le furono prescritti farmaci anticoagulanti e antidolorifici dopo l'intervento, il che spiegava, tra le altre cose, la manifestazione ematomatosa dei suoi sfoghi e il ridotto livello di tolleranza al dolore.
Consiglio Terapeutico
Il suo quadro clinico dal punto di vista omeopatico, insomma, iniziava sempre più a corrispondere al rimedio omeopatico Apis Mellifica. Glielo consigliai alla diluizione bassa di 5 CH, da assumere 5 granuli 3 volte al giorno, poiché non presentava edema durante le nostre consulenze. L'Apis Mellifica non funziona immediatamente, ma dopo le nostre visite ricorrenti e i continui follow-up, la sintomatologia e le riacutizzazioni si sono ridotte da un episodio mensile a uno ogni tre mesi, e adesso siamo già a sei mesi senza sintomi e riacutizzazioni.
Conclusioni
Il caso di Maria illustra l'importanza di un approccio olistico e personalizzato nel trattamento delle malattie, come la dermatite, che spesso sono il risultato di squilibri complessi nel corpo umano. Attraverso l'applicazione del metodo PNEI e l'analisi approfondita del suo quadro clinico, siamo stati in grado di identificare le cause profonde dei suoi sintomi e di adottare un trattamento mirato che ha portato a miglioramenti significativi nella sua condizione. Questo dimostra che, anche di fronte a sfide mediche apparentemente insolubili, è possibile trovare soluzioni efficaci attraverso un'approccio integrato che consideri non solo i sintomi evidenti, ma anche i fattori sottostanti che contribuiscono alla malattia. Il caso di Maria ci ricorda che la cura della salute richiede non solo competenza medica, ma anche una comprensione profonda del paziente e delle sue esigenze individuali.